Roma – Telecom Italia starebbe sondando l’interesse degli investitori per i suoi asset, mentre all’interno del nuovo governo Meloni si cerca di trovare un accordo su come risolvere le difficoltà dell’azienda. Il mese scorso il governo italiano ha congelato l’offerta di Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) per la rete di Tim, impegnandosi a trovare le migliori opzioni di mercato entro la fine dell’anno per arrivare all’obiettivo di portare l’infrastruttura sotto il controllo pubblico. L’operazione – parte di un progetto più ampio sponsorizzato dal precedente governo di Mario Draghi per arrivare alla creazione della cosiddetta rete unica non Open Fiber – era anche un punto focale della strategia dell’AD di Tim, Pietro Labriola, per ridurre il debito dell’azienda, pari a 25 miliardi netti, suddividendola in diverse unità. Labriola sta cercando di prepararsi a qualsiasi risultato che scaturirà dai colloqui all’interno del governo e sta lavorando in particolare con il fondo americano KKR, che sta pensando di lanciare un’offerta per la rete di Telecom Italia ma a condizione che il governo italiano accetti di partecipare.
Sono in corso trattative tra il fondo d’investimento statunitense e il governo italiano su una possibile offerta per la rete dell’ex monopolista telefonico, ma solo nell’ambito di una joint venture con una società pubblica o in caso di costituzione di un nuovo veicolo finanziario pubblico. L’anno scorso KKR aveva presentato un’offerta preliminare del valore di 10,8 miliardi di euro per l’intera società, che è stata respinta. Il fondo statunitense detiene comunque già una partecipazione nella rete di ultimo miglio di Tim. Tim intanto avrebbe avuto contatti anche con altri potenziali investitori interessati ad acquisire parti dei servizi tra cui il gruppo francese di telecomunicazioni Iliad e Poste Italiane. Qualsiasi operazione che coinvolga investitori stranieri e asset di Tim sarà soggetta alla valutazione del governo, in base alla normativa sul “golden power”, che dà a Roma la possibilità di bloccare o mettere condizioni alla transazione. Tuttavia, secondo Labriola, la vendita di una divisione che genera circa il 30% dell’Ebitda del gruppo potrebbe essere pericolosa per il rating di Tim, a meno che non riesca a strappare una valutazione a premio.