Milano – Sei paesi dell’Unione europea, tra cui Germania e Paesi Bassi, non intendono accettare i tentativi degli altri Stati membri di abbassare ulteriormente il tetto al prezzo del gas proposto dalla Commissione europea. E’ quanto emerge da un non paper secondo cui fra i sei Paesi figurano anche Austria, Danimarca, Estonia e Lussemburgo. Il documento pone dei seri ostacoli al raggiungimento di un risultato soddisfacente al Consiglio Energia straordinario previsto per oggi, martedì 13 dicembre. “Siamo preoccupati per l’abbassamento delle cifre. Il tetto massimo non può essere ulteriormente abbassato”, hanno detto gli ambasciatori dei sei Paesi nel non paper indirizzato alla presidenza di turno ceca del Consiglio Ue. I sei Stati membri esprimono scetticismo sul tetto massimo dei prezzi, affermando che interromperebbe il regolare funzionamento del mercato energetico europeo e renderebbe più difficile l’acquisto di carburante qualora i fornitori di gas dirottassero i carichi verso aree di mercato dove i prezzi non sono soggetti a limitazioni.
Il non paper in questione è stato solo fatto circolare nel corso della riunione del Coreper, ma senza discussioni approfondite in merito. Durante l’incontro, sarebbero state ribadite le posizioni degli Stati membri. A quanto si apprende dalle fonti, la Spagna sarebbe allineata alla proposta dell’Italia, pur continuando a sostenere un tetto che sia totalmente dinamico. La Francia, ha chiesto, poi seguita da altri Stati membri, un parere rapido dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (Esma) sui rischi per la stabilità finanziaria dei mercati. Sulla posizione francese, la Commissione Ue ha espresso parere contrario, replicando che tutte le analisi necessarie sono state effettuate e che non ci sarebbe tempo di effettuarne altre prima del Consiglio odierno. La Presidenza ceca dovrebbe preparare una terza revisione della proposta della Commissione con alcuni aggiustamenti su limitati aspetti, tra cui dinamicità del tetto al prezzo e automaticità per attivazione e disattivazione del meccanismo.
L’Italia è fra i Paesi membri dell’Ue che sostengono l’assoluta necessità di un tetto massimo per proteggere le loro economie dai costi elevati delle forniture di gas e chiedono di ridurre ulteriormente il limite imposto nella proposta della Commissione. Secondo l’ultima revisione posta sul tavolo dalla presidenza, che ha già abbassato le cifre sul tetto come chiesto da alcuni Stati membri, il meccanismo entrerebbe in vigore se il prezzo di liquidazione del derivato sul mercato Ttf di Amsterdam dovesse superare quota 220 euro cinque giorni consecutivi e se l’indice Ttf (European Gas spot), pubblicato alla Borsa europea dell’energia (Eex), in Germania, dovesse risultare di 35 euro superiore rispetto al prezzo di riferimento del Gnl per cinque giorni.
Sabato scorso la riunione dei rappresentanti dei 27 sul pacchetto energia, in particolare sul price cap al gas, si è aperta all’insegna delle divisioni: a quanto si apprende sono stati ben dodici gli Stati membri, inclusa l’Italia, che hanno chiesto di apportare alcuni emendamenti alla presidenza ceca, la quale finora ha messo sul tavolo tre proposte di compromesso rispetto alla proposta iniziale della Commissione, portando il tetto da 275 euro a megawattore a 220 e accorciando, da 15 a 5 giorni, il tempo necessario come condizione perché scatti il meccanismo. Sono tre gli aspetti sottolineati dai dodici Stati membri: il campo di applicazione del regolamento (di cui si chiede un ampliamento); il meccanismo di attivazione; e i livelli di 220 e 35 euro (quest’ultimo è il differenziale con gli indici di riferimento degli altri mercati globali) che secondo i dodici dovrebbero essere ridotti significativamente perché ancora eccessivamente elevati. Sul meccanismo di attivazione le dodici capitali ritengono che il tetto dovrebbe scattare non dopo 5 giorni consecutivi in cui il prezzo supera il cap fissato ma dopo uno solo.
Nel frattempo il business energetico resta frenetico, con accordi e investimenti ogni giorno. Tra le ultime mosse del mercato internazionale: l’annuncio del riavvio di tre reattori nucleari da parte del gruppo francese Edf; la presentazione l’interconnettore europeo H2Med e il lancio da parte della Commissione Ue dell’Alleanza industriale per l’energia solare nell’ambito del RepowerEu; l’inaugurazione in Marocco di un impianto di energia solare da 4mila megawatt; Sonatrach che punta a investimenti su Gnl con zero emissioni di CO2; il raddoppio delle esportazioni di gas dagli Usa verso il Regno Unito, per porre fine alla dipendenza dalla Russia e l’aumento da parte di Rosneft delle forniture di petrolio all’Asia, per compensare il calo in Europa; fino alla firma della prima concessione petrolifera non convenzionale in Medio Oriente, tra l’emiratina Adnoc e la malese Petronas. E l’Italia? Eni ha avviato la produzione della centrale fotovoltaica tunisina di Tataouine, e il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha dato l’ok all’interconnessione elettrica di Terna con la Tunisia. Ma non solo.
Facendo leva sulla sua posizione al centro del Mediterraneo, l’Italia può diventare uno snodo europeo del gas e, in questo senso, sarà fondamentale realizzare due nuovi rigassificatori offshore, raddoppiare la capacità del Gasdotto Trans-adriatico (Tap), ampliare gli stoccaggi, aumentare la capacità dei rigassificatori esistenti, incrementare l’estrazione nazionale di gas e, infine, completare la dorsale adriatica del gas per aumentare significativamente la capacità di esportazione verso il Nord Europa. L’ha affermato, da ultimo, il sottosegretario all’Ambiente e alla Sicurezza energetica, Claudio Barbaro, all’ultima riunione ministeriale del Forum regionale del gas dei Paesi del Mediterraneo Orientale (Emfg), l’iniziativa nata su impulso di Egitto, Cipro, Grecia, Giordania, Israele, Italia e Autorità nazionale palestinese (Anp) allo scopo di confrontarsi su politiche comuni per l’utilizzo del gas scoperto, e da scoprire, nel bacino del Levante.
“Il Forum sta diventando sempre più importante nell’attuale scenario internazionale per garantire il dialogo continuo tra governi, partner commerciali e settore privato per affrontare le importanti sfide energetiche e climatiche che tutti noi stiamo affrontando”, ha detto Barbaro, sottolineando come la sicurezza energetica sia “una priorità” e il potenziale delle risorse energetiche nell’area del Mediterraneo orientale. Nel corso del suo intervento, il sottosegretario ha evidenziato come l’invasione russa dell’Ucraina abbia “ridisegnato la geopolitica del gas”. L’Italia che nel 2021 importava quasi il 40 per cento della sua domanda di gas dalla Russia “è stata in grado di reagire rapidamente, diversificando le fonti di gas da altri Paesi attraverso nuove forniture di Gnl, l’ottimizzazione delle infrastrutture esistenti e la costruzione di ulteriori capacità di rigassificazione”, ha aggiunto Barbaro.
A tal riguardo, l’esponente del governo italiano ha ricordato come le importazioni di gas dall’Azerbaigian tramite il Tap siano aumentate nel breve termine, precisando che si sta ragionando sulla possibilità di raddoppiare la capacità della condotta da 10 a 20 miliardi di metri cubi all’anno. “Le nuove forniture di Gnl richiederanno nuove infrastrutture di rigassificazione dato il pieno utilizzo della capacità esistente”, ha aggiunto il sottosegretario, definendo “fondamentale” l’entrata in funzione entro il prossimo inverno di “due nuove unità galleggianti di rigassificazione offshore della capacità di 5 miliardi di metri cubi ciascuna”. Quanto alla decarbonizzazione, Barbaro ha ricordato come il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) stanzi circa 60 miliardi di euro per la cosiddetta “rivoluzione verde”.
lntanto il freddo incalza in tutta Europa e le scorte di gas ne risentono visibilmente. Dallo scorso 31 ottobre all’8 dicembre gli stoccaggi dell’Ue sono scesi dal 94,3% a 1.053,22 TWh all’89,41% a 1000,28 TWh, bruciando quasi 53 TWh in 38 giorni. In calo anche le scorte di gas italiane, che dal 95,32% a 184,4 TWh di fine ottobre sono scese all’88,6% a 171,38 TWh, bruciando oltre 13 TWh. Un calo inferiore si è registrato in Germania, dove le scorte sono scese dal 98,52 a 241,62 TWh al 95,04% a 233,92 TWh, bruciando 7,7 TWh. Ha bruciato 10,32 TWh la Francia, scesa dal 99,79% a 132,33 TWh al 91,33% a 122,01 TWh.