Milano – Il 2023 sarà l’anno della recessione che la Bce e la Fed si aspettano ‘mite’ ma che l’inversione della curva dei rendimenti, con i tassi a lungo termine marcatamente più bassi di quelli a breve, indica assai meno ‘soft’. In Europa la differenza tra il 2 e il 10 anni è di circa 30 punti base, mentre negli Usa lo spread è arrivato fino a 80 punti base di inversione, con il rendimento del Treasury a 10 anni tra il 3,5 e il 4% e quello del 2 anni intorno al 4,5%. Negli Usa l’inversione è iniziata ad aprile, mentre in Europa è più recente. L’inversione è il frutto di una situazione un pò particolare per cui, da un lato il mercato si aspetta banche centrali più aggressive nel breve e, dall’altra, si attende che queste forti strette danneggino l’economia e spingano, più a lungo termine, le autorità monetarie a fare dietrofront, riducendo i tassi. Le curve dei rendimenti rimarranno un pò invertite per qualche mese, poi, tra 3-4 mesi, cominceranno e disinvertirsi, quando le banche centrali avranno raggiunto o staranno per raggiungere il picco.
La recessione in Europa è di fatto già iniziata ed è anticipata rispetto a quella Usa. Se sarà più profonda molto dipenderà dai prezzi dei prodotti energetici. L’embargo europeo al petrolio russo, entrato in vigore il 5 dicembre e che verrà esteso ai prodotti raffinati a partire dal 5 febbraio, rende incerte le prospettive sulle forniture di Mosca. Per quanto riguarda il gas, l’autunno insolitamente mite, il calo della domanda e la timida ripresa del flusso attraverso il gasdotto ucraino hanno contribuito a raffreddare i prezzi e a ritardare i prelievi dagli stoccaggi, che sono rimasti pieni. Tuttavia, il vero problema sarà il 2023. Mentre l’anno scorso, infatti, l’Europa ha potuto contare sulle forniture russe, seppur ridotte, per fare rifornimento in vista della stagione fredda, quest’anno i flussi da Mosca rischiano di ridursi drasticamente e il gas naturale liquefatto potrebbe non essere in grado di sostituirli. La realtà è che l’Europa dal punto di vista energetico non è ancora autosufficiente.
Molto dipenderà dalla stretta di Mosca sulle forniture e dalla capacità dell’Europa di ridurre i consumi. La buona notizia è che l’accordo sul price cap in Europa e l’inverno mite, hanno riportato i prezzi del gas ad Amsterdam sotto gli 80 euro al megawattora. Inoltre, Putin potrebbe aver bisogno di far un pò di cassa col gas per finanziare la sua controffensiva. In tale direzione, ad esempio, si muovono le ultime dichiarazioni del vice premier Alexander Novak sull’intenzione di riaprire i rubinetti del gasdotto Yamal, fermo da marzo, presumibilmente alla fine dell’inverno.
L’incognita è rappresentata in primavera dalla ricostituzione delle scorte europee, che in parte dipenderà anche dalla ripresa in Cina, che potrebbe far rialzare ancora il prezzo dei prodotti energetici. L’altra incognita in Europa è rappresentata dai corposi piani di rifinanziamento: la Germania ha messo in cantiere un piano di ‘refunding’ da 550 miliardi di euro e l’Italia uno da poco meno di 500 miliardi, che comprende le scadenze di Bot e Btp, gli interessi sul debito e soprattutto la ‘bolletta energetica’. Negli Stati Uniti la recessione inizierà più tardi che in Europa. Non prima del secondo trimestre e se non sarà una recessione durissima non sarà neanche tanto mite. Durerà fino alla fine dell’anno, o fino al primo trimestre 2024. Diciamo che gli Usa non avranno la polmonite ma neanche una febbriciattola.