Oggi giornata NO per Telecom Italia, che ha visto scendere il titolo fino a -4,5% all’inizio della sessione del Ftse Mib (ora il titolo perde il 3,96% a 0,3178 euro).
Dopo una riunione di 6 ore il cda di Telecom Italia non prende decisioni, non mette ai voti un nuovo assetto di governance, ma precisa solo che «sulla rete non ci sono negoziati in corso».
“Il Consiglio di Amministrazione di TIM, riunitosi oggi su richiesta di alcuni consiglieri sotto la presidenza di Salvatore Rossi, ha esaminato il difficile contesto di mercato e le sfide che attendono la Società in materia di strategia, performance aziendale e organizzazione, anche in vista della preparazione del Piano Strategico 2022-2024. Il Consiglio di Amministrazione ha inoltre definito il percorso per la preparazione e condivisione del Piano Strategico 2022-2024 da approvare nella riunione del Consiglio del prossimo febbraio” si legge nel comunicato ufficiale.
Nessuna indicazione quindi sul dossier Rete unica, silenzio che ha fatto indignare i mercati visti anche i rumors rilanciati da Bloomberg all’inizio del mese. Le indicrezioni avevano scatenato le speculazioni sulla possibile decisione del ceo Gubitosi di rinunciare al controllo della rete per rilanciare l’accordo con Open Fiber.
“Nei piani, Tim conserverebbe una partecipazione di minoranza nella nuova società che nascerebbe dal matrimonio tra FiberCop (rete secondaria) e Open Fiber. Secondo le case di investimento, tale sviluppo sarebbe positivo per Tim perché aumenterebbe la probabilità di un accordo sull’asset e consentirebbe a Tim di deconsolidare FiberCop con un beneficio sia in termini di debito che di capex e faciliterebbe un ulteriore accordo che contemplerebbe il conferimento di tutta la rete fissa nella nuova entità”, si leggeva nell’articolo di Bloomberg dello scorso 4 novembre, riportato poi da La Stampa.
Nel mentre da Bruxelles è arrivato l’ok all’acquisizione congiunta di Open Fiber da parte di Cdp Equity e del fondo Macquarie, rispetto alla quota attualmente detenuta assieme a Enel. In sostanza, ok all’uscita di Enel dal capitale di Open Fiber, e all’entrata del fondo Macquarie con il 40% e l’aumento della partecipazione di Cassa depositi e prestiti dal 50% al 60%.