Milano – La situazione attuale ricorda molto la crisi degli anni Settanta, quando lo ‘shock petrolifero’ portò l’inflazione alle stelle e l’economia alla recessione e alla stagflazione, cioè al ‘mix’ micidiale di iperinflazione e di crisi economica che rischiamo di sperimentare nuovamente. Quell’esperienza è stata di lezione al numero uno della Fed, Jay Powell, il quale per combattere l’inflazione ha deciso di essere ‘falcò a oltranza, ripetendo come un mantra che anche l’anno prossimo non abbasserà i tassi Usa, anche a costo di far peggiorare l’economia, perché è meglio un pò di recessione, non troppa magari, che un’inflazione eccessivamente alta.
Anche oggi come negli anni Settanta c’è stato un grave shock. Powell per evitare gli errori di allora, non intende smettere troppo presto i toni da ‘falcò e soprattutto non vuole fermare troppo presto le strette, col rischio di doverle poi rispolverare. L’obiettivo di Powell è quello di portare i tassi Usa già a febbraio sopra il 5%, diciamo intorno al 5,25%, un pò sopra il livello dell’inflazione ‘core’, la quale potrebbe essere scesa nel frattempo sotto al 5%. Insomma, Powell non vuole ripetere l’errore di Arthur F. Burns (il presidente della Fed dal 1970 al 1979), il quale riuscì a far calare l’inflazione ma tenne sempre i tassi sotto il livello dell’andamento cei prezzi al consumo, con il doppio risultato di non riuscire a impedire la recessione e vedere poi il costo della vita riprendere a correre.
Powell dunque vuole assestare i tassi un pò sopra l’inflazione, quando inizierà a scendere, e non vuole lo ‘stop and go’ di Paul Volcker (presidente Fed dall’agosto 1979 all’agosto 1987), che dapprima tagliò i tassi per poi riprendere a rialzarli. Il capo della Fed, insomma, oggi intende regolarsi così: andare avanti senza stop fino al punto ritenuto di equilibrio sui tassi ed eventualmente lasciare intendere di poterli ribassare e/o di rallentare il Qe tra fine 2023 ed il 2024. Fino a quando però il punto di arrivo non sarà raggiunto manterrà toni da ‘falco’ e, se serve, è anche pronto a curare l’inflazione con un pò di recessione.
Attualmente i tassi Fed oscillano tra il 4,25% e il 4,50%. L’ipotesi più probabile è che quest’anno la Federal Reserve arrivi al 5%, o qualcosa in più, anche se il mercato attualmente non crede neanche che arriverà al 5%. Lo stop al rialzo dei tassi potrà arrivare tra il primo e il secondo trimestre, cioè a febbraio, o nella riunione successiva. Difficilmente nella seconda parte dell’anno la Fed farà necessariamente il pivot, cioè abbasserà i tassi, semmai potrebbe lasciare intendere che potrebbe abbassarli se necessario e/o anche ammorbidire la velocità con cui sta attuando il Quantitative tightening, la riduzione del bilancio.
A fine 2022 il numero uno della Bce, Christine Lagarde, si è un pò incattivita sui tassi, insistendo sulla necessità di innalzarli “in misura significativa” e “a un ritmo costante”. A portarla su questa posizione da ‘falco’ è stato una sorta di compromesso che la presidente ha dovuto adottare per accontentare la ‘colomba’ Philip Lane, il suo capo economista, che chiedeva un rialzo moderato dei tassi di 50 punti base a dicembre, mentre i ‘falchi’ lo volevano di 75 punti base. Alla fine Lagarde ha spinto la Bce ad aumentare i tassi di mezzo punto percentuale ma in cambio, per accontentare i falchi, ha fatto la ‘dura’, impegnandosi a rialzarli ancora e facendo partire subito il Qt, ovvero la riduzione del bilancio. Insomma, Lagarde ha mediato, evitando di screditare Lane, già indebolito dalle sue stime troppo ottimistiche sull’inflazione di inizio anno, e venendo incontro ai falchi del Nord Europa. Attualmente il tasso di riferimento della Bce è al 2,50% e i mercati prezzano che nel 2023 possa salire fino al 3,25-3,50%.
Un eventuale stop ai rialzi dei tassi potrebbe avvenire tra marzo e maggio. Il Qt parte a marzo, con 15 miliardi di euro al mese come ha detto la Lagarde, dando la ‘sveglia’ ai mercati e dicendo loro: il terminal rate è più alto di quello che state prezzando voi. Svegliatevi. E ha aggiunto: il fatto che scaliamo i rialzi dei tassi a 50 punti base non significa che stiamo rallentando, anzi vuol dire che andremo avanti a 50 punti base per diversi incontri. Così Lagarde si è fatta portavoce dei falchi. Tuttavia, se l’obiettivo della Bce a fine 2023 è si arrivare intorno al 3% o poco sopra il 3%, quando il rendimento del biennale tedesco si sarà attestato su quel livello il mercato avrà recepito per intero le intenzioni manifestate dalla Lagarde.