Bruxelles – Sarà probabilmente necessario un aumento dei tassi della Bce a luglio. L’inflazione record richiede la fine del programma di acquisto di obbligazioni da parte della banca centrale “alla fine di giugno”. Lo ha affermato il presidente della Bundesbank Joachim Nagel aggiungendo che “se i dati in arrivo e la nostra nuova proiezione confermeranno questa opinione, il mese prossimo sosterrò un primo passo per normalizzare i tassi di interesse della Bce a luglio”, ha affermato. Sarebbe il primo aumento della Bce in oltre un decennio e arriverebbe nel momento in cui l’inflazione nell’eurozona ha raggiunto il 7,5% ad aprile, un massimo storico e ben al di sopra dell’obiettivo del 2% della Bce.
L’ultima impennata è stata determinata in gran parte dai forti aumenti dei prezzi dell’energia dovuti all’invasione russa dell’Ucraina. Nella sua ultima riunione la Bce ha deciso di porre fine a un programma di acquisto di obbligazioni che è stato utilizzato per alimentare la crescita economica, “nel terzo trimestre” alla luce degli ultimi dati sull’inflazione. Nagel, capo della Bundesbank tradizionalmente conservatrice, è uno dei sostenitori più decisi a un intervento nel consiglio direttivo della Bce. Ma altri banchieri sono più cauti. “È necessario aumentare i tassi nel terzo trimestre, probabilmente a luglio”, ha affermato Olli Rehn. Il prossimo consiglio direttivo si terrà ad Amestrdam il prossimo 9 giugno.
La Federal Reserve e altre banche centrali hanno alzato i tassi per contrastare l’inflazione, che ha subito un’accelerazione quando le economie sono uscite dalla pandemia Covid ed è salita ulteriormente a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina a fine febbraio. Per quanto riguarda la fed, in particolare, l’inflazione elevata, la volatilità dei mercati azionari e delle materie prime e la guerra in Ucraina sono tra i principali rischi per il sistema finanziario statunitense.
Il quadro emerge dal rapporto semestrale della Federal Reserve sulla stabilità finanziaria. Il rapido aumento dei tassi d’interesse statunitensi, i problemi legati alla guerra per i mercati petroliferi e altri fattori hanno già messo a dura prova alcune parti del sistema finanziario, prosegue il rapporto, secondo il quale, sebbene lo ‘stress’ “non sia stato così estremo come in altri episodi del passati, il rischio di un improvviso e significativo deterioramento appare superiore al normale”.