Roma – Il reddito di cittadinanza resterà anche nel 2023. Il governo Meloni non lo cancellerà, ma ci saranno dei cambiamenti. Per chi non è in condizione di lavorare, in realtà, la misura dovrebbe restare molto simile a quella di oggi, se non completamente identica: nessuna novità, quindi, per pensionati, invalidi, chi ha figli minori a carico e non ha entrate. Le novità dovrebbero riguardare, invece, i beneficiari potenzialmente occupabili: l’obiettivo dell’esecutivo è recuperare dal reddito di cittadinanza qualche risorsa da investire in altre misure da introdurre con la legge di Bilancio. Lo scorso anno, infatti, il sussidio è costato allo Stato oltre 8,8 miliardi di euro e non ha impresso alcuna svolta occupazionale al Paese. Probabile una stretta sui controlli, incapaci di arginare le frodi, ma anche l’introduzione di condizionalità di accesso alla misura più rigide: per gli abili al lavoro – circa 660mila sul territorio nazionale – il numero di offerte di lavoro congrue da accettare, per non perdere l’assegno, potrebbe essere ridotto da 1 a una soltanto. Dunque, non ci sarà più un decremento dell’importo ricevuto dopo il primo rifiuto, ma la decadenza completa della misura.
Non è prevista, inoltre, alcuna proroga del contratto scaduto il 31 ottobre per i 950 navigator assunti nel 2019, con lo scopo di favorire l’inserimento lavorativo dei percettori dell’rdc. La ministra del Lavoro, Marina Calderone, sostiene che le Regioni sapevano che il termine del 31 ottobre 2022 era quello fissato per terminare il percorso, oltre a essere l’ultimo utile per “avviare e completare le procedure di assunzioni: non è possibile né la proroga né la ricontrattualizzazione” taglia corto Calderone, escludendo ogni possibilità di conferma per i dipendenti dei Centri per l’impego, gli ex uffici di collocamento. Se ne riparlerà comunque domani – mercoledì 9 novembre alle ore 16 a Palazzo Chigi – dov’è in calendario un confronto ad hoc con le parti sociali, per discutere anche della manovra e dell’emergenza dei rincari energetici. “Vogliamo capire meglio quante risorse” metterà in campo il governo “e dove le vuole mettere – ha affermato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini -. Se sto a quanto detto, le risorse sono destinate tutte all’emergenza energetica. Non vorrei che sul cuneo fiscale e le pensioni non ce ne siano”.
Ma Calderone ha tanti altri di obiettivi nel prossimo futuro: evitare lo “scalone” imposto dalla legge Fornero, restituire potere d’acquisto alle retribuzioni e ridurre il cuneo fiscale. “Il nostro sistema di relazioni industriali è un punto di riferimento in Europa – ha dichiarato nei giorni successivi all’approvazione del Nadef -, l’impegno del governo è sostenere chi produce”. Soddisfatta a metà, per ora, Confindustria che fa notare che nella Nota di aggiornamento del Def “il taglio del cuneo fiscale non c’è”. “Abbiamo visto che si vuole fare una spending rewiev che in tre anni possa portare circa 4 miliardi, ma non è questo quello che noi auspichiamo – ha dichiarato lo scorso weekend il presidente Carlo Bonomi, dal palco dell’assemblea di Federmeccanica -. Serve una revisione seria della spesa pubblica, 4-5 per cento su oltre mille miliardi, che dovrebbe consentire di avere quelle risorse per fare un taglio serio e strutturale del cuneo. La nostra proposta – ha ricordato – è 16 miliardi, sotto i 35 mila euro di reddito, due terzi a favore dei dipendenti, un terzo a favore delle imprese, che vuol dire mettere in tasca 1.200 euro in più a ogni dipendente”.