Finanza Now e IlSussidiario.net hanno dedicato uno speciale sul Reddito di Cittadinanza, intervistando alcuni esperti del settore. Di seguito le considerazioni finali.
A circa 2 anni dall’introduzione del Reddito di Cittadinanza in molti ritengono sia necessario un tagliando. In quest’ottica si deve tener conto dell’obiettivo eccessivamente ambizioso che questo strumento si era dato fin dalla sua introduzione.
Il Reddito di Cittadinanza voleva essere uno strumento di contrasto alla povertà e di inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro. Politica sociale e politiche attive sul mercato del lavoro dovevano tenersi per mano. Forse troppo secondo alcuni.
Per capire le difficoltà di questo strumento nello svolgimento di entrambi questi ruoli va segmentata la domanda di sussidio fin qui pervenuta in relazione alle probabilità di inserimento nel mercato del lavoro. Un terzo dei percettori del reddito di cittadinanza sono persone che hanno possibilità molto vicine allo zero o pari a zero di essere introdotte all’interno del mercato del mercato del lavoro, si tratta infatti di soggetti pensionati, nuclei con minore in assistenza o persone con disabilità importanti. Un altro terzo è invece rappresentato da soggetti che hanno grandissime difficoltà ad entrare nel mercato del lavoro, si tratta di persone descolarizzate, che non hanno mai lavorato e che hanno difficoltà a relazionarsi. Per questo gruppo le possibilità di inserimento ci sono ma non sono altissime e l’inserimento non è immediato e diretto; la cosa non si risolve, nella sostanza, con un colloquio o girando un cv a un’azienda. C’è poi un terzo, invece, che ha buone possibilità di inserimento. Siamo davanti, quindi ad un unico strumento, con una doppia funzione che vuole essere utile ad almeno tre platee di soggetti molto diverse fra loro. E’ necessario sbrogliare questa “matassa”.
Partendo proprio dall’ultimo terzo, quello che ha maggiori chance di collocamento, può avere un senso un coinvolgimento anche delle Agenzie di Somministrazione di Lavoro (ex agenzie di lavoro interinale). Tutto ciò potrebbe accelerare l’ingresso nel mercato del lavoro. Per il secondo segmento, quello dei cosiddetti “descolarizzati”, che come precisato si tratta di persone che hanno difficoltà di relazione sociale e di contesto oltre che una formazione deficitaria, anche la migliore delle collaborazioni fra pubblico e privato potrebbe risultare inefficace. Il ruolo dei Navigator in questo contesto può essere prezioso. Si tratta, come essi stessi hanno evidenziato nelle esperienze fin qui maturate, di creare un ponte fra la domanda di sostegno attraverso il reddito di cittadinanza e dall’altra parte l’inserimento nel mercato del lavoro, anche se il passaggio fra le due fasi non è immediato e diretto. Ma come fare? Una delle proposte arrivate, per esempio, è quella di far maturare, a questa platea di beneficiari, esperienze di lavoro nel terzo settore per acclimatarsi a luoghi strutturati ed organizzati. Sull’ultimo terzo, invece, quello che ha probabilità quasi zero di inserimento del mondo del lavoro, il Reddito di Cittadinanza diventa un puro strumento di sostegno sociale. Non sarebbe del tutto infondato stralciarlo e instradarlo nelle misure di pura politica sociale.
Il contrasto alle frodi
In un contesto di dibattito acceso sullo strumento, alcune notizie di cronaca sulle frodi legate al reddito di cittadinanza rischiano di destabilizzare l’opinione pubblica e di portarla a giudizi emotivi. Pluripregiudicati, persone in vacanza o possessori di beni di lusso fra i beneficiari sono solo alcune delle notizie fin qui pubblicate. Come evitare questo genere di problemi? Deve essere fatta una scelta politica importante, ovvero quella di potenziare l’accesso da parte dell’Inps alla banche dati degli Enti Locali o di altre Amministrazioni Pubbliche. Quest’azione da sola non basta, vanno ridotti anche i presidi a tutela della privacy, spiegano i tecnici. Un accesso più veloce aumenterebbe, tra l’altro, anche l’efficacia dello strumento rendendolo più tempestivo nelle concessioni.
La Povertà in Italia
E’ giusto ricordare anche che quasi nessuno ritiene di cancellare uno strumento di questo tipo, a prescindere dal nome, per 3 motivi: il primo per le forti aree di povertà presenti in Italia, acuite dagli effetti pandemici. Due, il reddito diventa strumento di investimento che previene potenziali spese future dello Stato sul fronte della sicurezza e sanitarie. Tre, tutti i paesi sviluppati hanno forme di sostegno alla povertà.