Milano – Lunedì 5 dicembre è scattato ufficialmente l’embargo europeo al petrolio russo ma Mosca, da quanto sembra, si è già attrezzata per aggirarlo. Il motto sembra quello molto in voga in Italia: fatta la legge, trovato l’inganno. La Russia starebbe infatti già studiando sistemi per aggirare il blocco attraverso ‘navi fantasma’ che disconnettono i sistemi di localizzazione e registrano le petroliere in paradisi fiscali dove vengono offerte bandiere di copertura. Altro escamotage, scrive il Wall Street Journal, è il trasbordo del greggio in navi più grandi mischiandolo con un olio dalle caratteristiche simili. La legge prevede infatti che per essere considerato russo, il petrolio deve provenire almeno per il 51% da aziende del paese. Secondo l’International Energy Forum l’embargo porterà ad avere almeno 3 milioni di barili in meno ogni giorno per i Paesi dell’Unione europea che unito ai tagli Opec (2 milioni di barili decisi a ottobre), se la situazione in Cina si stabilizzerà, potrebbe portare a una nuova impennata delle quotazioni con pesanti ricadute per l’inflazione.
L’embargo europeo infatti si aggiunge a quello deciso a primavera da Usa, Canada, Gran Bretagna e Australia. La decisione, spiegano gli analisti, potrebbe avere una tendenza rialzista sulle quotazioni del greggio a livello globale. Insieme all’embargo è scattato anche il price cap per quello trasportato via nave (60 dollari al barile) e consentirà agli operatori europei di trasportare (e assicurare) il petrolio russo verso Paesi terzi solo quando questo ha un prezzo inferiore al tetto stabilito. “Il limite di prezzo – spiega la Commissione Ue – è stato pensato per ridurre ulteriormente le entrate della Russia, mantenendo stabili i mercati energetici globali attraverso l’approvvigionamento continuo. Contribuirà quindi anche ad affrontare l’inflazione e a mantenere stabili i costi energetici in un momento in cui i costi elevati. in particolare i prezzi elevati del carburante, sono una grande preoccupazione nell’Unione europea e in tutto il mondo”. Come detto, il price cap sul greggio entrerà in vigore dal 5 dicembre mentre il 5 febbraio 2023 si estenderà ai prodotti petroliferi raffinati (con un prezzo ancora da definire).
Secondo molti broker tuttavia Mosca si sta attrezzando per aggirare l’ostacolo mettendo in piedi una flotta di 100 vecchie petrolioere per aggirare le restrizioni occidentali. I trader affermano che la flotta ombra ridurrà l’impatto di tali misure, ma non riuscirà a eliminarlo completamente. Le misure punitive di Ue e G7 taglieranno fuori Mosca da gran parte della flotta globale di petroliere, spiega il Financial Times, perchè agli assicuratori come i Lloyd’s di Londra sarà impedito di coprire le navi che trasportano greggio russo, qualunque sia la loro destinazione, a meno che non venga venduto al di sotto del prezzo massimo. La Russia ha risposto che non tratterà con nessun paese che impone il tetto. “Da quest’anno l’Europa vivrà senza petrolio russo. Mosca ha già chiarito che non fornirà petrolio a quei Paesi che sostengono il tetto ai prezzi, misura contraria al mercato. Aspettate e vedrete che molto presto l’Ue accuserà la Russia di usare il petrolio come arma”, ha avvertito Mikhail Ulyanov, rappresentante permanente della Russia presso le organizzazioni internazionali a Vienna.
I trader dicono che l’oro nero sarà diretto verso altri mercati, ovvero India, Cina e Turchia che sono diventati da marzo i suoi maggiori clienti. Gli acquisti anonimi di navi cisterna sono monitorati attraverso i registri. Le navi hanno generalmente 12-15 anni e dovrebbero essere demolite nei prossimi anni, ha affermato Anoop Singh, capo della ricerca sulle petroliere di Braemar. “Questi sono acquirenti con cui noi, pur essendo broker di lunga data, non abbiamo familiarità”, ha ammesso Singh. “Ma riteniamo che la maggior parte di queste navi sia destinata alla Russia”. Nel 2022, si sospetta che gli operatori legati alla Russia abbiano acquistato ben 29 superpetroliere – note come VLCC, navi di greggio giganti – ciascuna in grado di trasportare più di 2 milioni di barili, ha dichiarato Braemar all’Agenzia internazionale per l’energia il mese scorso in un convegno. Sembra inoltre che Mosca abbia acquistato 31 Suezmax in grado di trasportare circa 1 milione di barili ciascuna e 49 petroliere Aframax che possono trasportare ciascuna circa 700.000 barili, ha aggiunto l’analista.
Andrei Kostin, capo della banca statale russa VTB, lo scorso ottobre sembrava confermare il ‘sospetto’ spiegando che il paese avrebbe dovuto spendere “almeno 16,2 miliardi di dollari” per “l’espansione della flotta di navi cisterna”. Mentre il vice primo ministro russo Alexander Novak a marzo spiegava che il paese avrebbe costruito le proprie “catene di approvvigionamento” nel greggio. “Il numero di navi di cui la Russia avrà bisogno per spostare tutto il suo petrolio fa venire l’acquolina in bocca”, ha affermato Craig Kennedy, un esperto di petrolio russo del Davis Center di Harvard che sta monitorando il fenomeno. “Negli ultimi mesi abbiamo assistito a numerose vendite ad acquirenti anonimi e, poche settimane dopo la vendita, molte di queste navi cisterna si sono presentate in Russia per caricare il loro primo carico di greggio”, ha detto al FT. La Russia dovrebbe ancora affrontare una mancanza di petroliere e avere difficoltà nei primi mesi del 2023 per mantenere i suoi livelli di esportazione, il che aumenterebbe i prezzi, affermano gli analisti. Il deficit potrebbe aumentare quando il divieto dell’Ue si estenderà anche ai combustibili raffinati russi a febbraio, ha affermato Kennedy.
La Russia avrà bisogno di accedere a un numero ancora maggiore di petroliere rispetto al solito perchè la durata di ogni viaggio sarà maggiore e il petrolio che in precedenza veniva venduto in Europa sarà inviato a nuovi acquirenti in Asia. Braemar prevede che il deficit russo sarà compreso tra 700.000 e 1,5 milioni di barili al giorno. Rystad stima che la Russia sarà a corto di 60-70 navi cisterna e prevede che le esportazioni via mare diminuiranno di circa 200.000 barili al giorno. Alla fine i volumi totali russi persi sul mercato potrebbero raggiungere i 600.000 barili al giorno se Mosca dovesse vendicarsi tagliando le forniture via oleodotto verso l’Europa – che non sono soggette a sanzioni – prima di avere abbastanza petroliere per dirottarli, ha detto Rystad. “La Russia ha bisogno di più di 240 petroliere per mantenere il flusso delle sue attuali esportazioni”, ha tagliato corto Viktor Kurilov, analista di Rystad. “Puoi escogitare ogni sorta di furbizia, ma c’è troppo petrolio da spostare: i russi faranno sempre fatica per mantenere intatte le proprie esportazioni, senza limite di prezzo”, ha chiosato Kennedy.
Il primo viceministro dell’Energia russo, Pavel Sorokin, ha affermato che il tetto ai prezzi del petrolio russo non porterà a conseguenze significative per l’economia nazionale. La Banca centrale russa ha riferito invece che il tetto ai prezzi del petrolio russo e il divieto delle esportazioni marittime dei prodotti petroliferi russi verso l’Europa potrebbero “ridurre significativamente l’attività economica in Russia”. “È importante notare – ha osservato Sorokin – che l’analisi nella pubblicazione è preparata con l’avvertenza che l’opinione degli esperti potrebbe non coincidere con l’opinione della Banca centrale. In generale, non siamo d’accordo sul fatto che l’introduzione del tetto ai prezzi sia una misura che causerà conseguenze significative per l’economia russa”. Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov fa sapere, intanto, che non c’è alcun “gioco” geopolitico dietro l’idea di creare un’unione del gas tra Russia, Kazakhstan e Uzbekistan.
“L’iniziativa di creare un progetto del gas a tre tra Russia, Kazakhstan e Uzbekistan è in discussione – ha detto -. Gli analisti, soprattutto occidentali, hanno prontamente iniziato a dire che si tratta di una sorta di ‘gioco’ politico o geopolitico. Non c’è alcun tipo di ‘gioco’ qui”. I tre Paesi vicini condividono un sistema di trasporto del gas e sono interessati a una fornitura ininterrotta di gas, considerando i picchi di consumo stagionali: “Recentemente ho letto un rapporto su un’improvvisa carenza di energia in Uzbekistan – ha aggiunto Lavrov -. Questo è un chiaro esempio che dimostra la necessità di utilizzare i nostri vantaggi per risolvere problemi pratici nell’interesse dei nostri cittadini, senza alcuna politicizzazione o ideologia”. Da ultimo, ieri sera, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov: l’Europa, affermando di volersi sbarazzare della “dipendenza dalla Russia”, la sta trasformando in dipendenza dal gas naturale liquefatto (Gnl) degli Stati Uniti, è la sua posizione. “Non dicono di voler scambiare una dipendenza con un’altra dipendenza. Cioè, ora hanno scambiato la dipendenza dalla Russia con la dipendenza dal Gnl statuntense”, ha affermato Peskov, secondo cui si tratta “esattamente della stessa dipendenza. E ora, quando gli europei perdono miliardi di euro ogni giorno, questi miliardi di dollari vengono guadagnati a Washington”, ha concluso.