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lunedì 2 Ottobre 2023

Pensioni, Ocse: “In Italia si andrà a 71 anni”

Per chi comincia ad entrare oggi nel mondo del lavoro in Italia la pensione arriverà solo dopo i 70 anni di età.

È quanto emerge dal rapporto “Pensions at a Glance” stilato dall’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), che analizza i sistemi pensionistici di diversi Paesi.

In Italia infatti, il requisito di futura età pensionabile “normale” è tra i più elevati con 71 anni di età, come la Danimarca (74 anni), l’Estonia (71 anni) e i Paesi Bassi (71 anni), contro una media OCSE di 66 anni per la generazione che accede adesso al mercato del lavoro. In Italia e in questi altri due Paesi, tutti i miglioramenti dell’aspettativa di vita vengono automaticamente integrati all’età pensionabile. In alternativa, la Finlandia e i Paesi Bassi trasmettono due terzi dei miglioramenti dell’aspettativa di vita all’età pensionabile.

Pensioni Italia, forti legami automatici all’aspettativa di vita

Con l’introduzione di un regime pensionistico nozionale a contributi definiti (NDC) nel 1995, l’Italia ha compiuto un passo decisivo per affrontare le sfide poste dal rapido invecchiamento della popolazione. Il regime NDC italiano adegua le prestazioni all’aspettativa di vita e alla crescita economica. In ragione di una lunga transizione, il regime sarà pienamente efficace solo intorno al 2040. Tra i sei Paesi dell’OCSE con regimi NDC, solo la Svezia dispone di un meccanismo automatico aggiuntivo che garantisce un bilancio pensionistico equilibrato nel tempo. Il regime italiano trarrebbe vantaggio da una maggiore trasparenza nel calcolo delle prestazioni NDC e da un monitoraggio e una gestione migliori della solvibilità a lungo termine. L’Italia figura anche tra i sette Paesi dell’OCSE che collegano l’età pensionabile prevista per legge alla speranza di vita. In un regime NDC tale legame non è necessario per migliorare le finanze pensionistiche, ma mira a evitare che le persone vadano in pensione troppo presto con pensioni troppo basse e a promuovere l’occupazione in età più avanzata.

Pensioni Italia, la futura età normale di pensionamento e i tassi di sostituzione saranno elevati

Il sistema pensionistico italiano abbina un’età legale di pensionamento alta a un’elevata aliquota contributiva del 33%, il che determina un elevato tasso di sostituzione netto dell’82% per i lavoratori con una carriera senza interruzioni e con salario medio, rispetto a un tasso del 62% in media nell’area dell’OCSE. Andando in pensione 3 anni prima, a 68 anni, il futuro tasso di sostituzione netto scende sostanzialmente al 72%, un valore che rimane alto in un confronto a livello internazionale. Tuttavia, non è possibile attendersi tassi così elevati di sostituzione per tutti i lavoratori. In Italia, una lavoratrice che inizia la sua carriera a 27 anni ed è disoccupata per 10 anni nell’arco della sua vita professionale riceverà una pensione inferiore del 27% rispetto a quella di una lavoratrice a tempo pieno, contro la media del 22% inferiore nell’area dell’OCSE. Inoltre, poiché le aliquote contributive dei lavoratori autonomi sono inferiori di un terzo rispetto a quelle dei dipendenti, i lavoratori autonomi possono aspettarsi pensioni inferiori di circa il 30% rispetto a quelle dei dipendenti con lo stesso reddito imponibile per tutta la carriera: la media OCSE è del 25% più bassa.

L’invecchiamento della popolazione sarà rapido e nel 2050 ci saranno 74 persone di età pari o superiore a 65 anni ogni 100 persone di età compresa tra i 20 e i 64 anni, il che equivale a uno dei rapporti più alti dell’OCSE. Negli ultimi 20 anni, la crescita dell’occupazione, anche attraverso carriere più lunghe, ha compensato più della metà della pressione dell’invecchiamento demografico sulla spesa pensionistica in Italia. Ciononostante, quest’ultima è aumentata del 2,2% del PIL tra il 2000 e il 2017. Per l’Italia l’incremento dell’occupazione continua a rivestire un’importanza cruciale, in particolare nelle fasce di età più avanzata.

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