Roma – Prosegue l’iter parlamentare a tappe forzate per cercare di approvare la manovra economica prima di fine anno ed evitare l’esercizio provvisorio. Sulla strada della maggioranza di centrodestra ci sono diversi ostacoli. I nodi politici ancora da sciogliere, a partire da quello sulle pensioni di anzianità e quota 103, su cui le posizioni tra i partiti sarebbero ancora differenti, con Forza Italia che spinge per elevare a 600 euro le minime e la Lega che avanzerebbe delle perplessità. Incide anche il fattore tempo, con la tornata elettorale a settembre che ha disegnato un calendario di lavori che obbliga a scrivere e votare la legge di bilancio in tempi compressi. Oggi circa mille emendamenti, un terzo del totale, sono stati dichiarati inammissibili dalla Commissione Bilancio che ora esaminerà i ricorsi presentati. Domani alle 15 scatta l’ora dei testi segnalati, ovvero i 450 emendamenti ritenuti prioritari dalle forze politiche, 200 per la maggioranza e 250 per l’opposizione.
Lunedì invece si apre una settimana decisiva per il passaggio in aula alla Camera: le proposte di modifica, che riguardano fondi per circa 400 milioni, verranno votate in Commissione da giovedì 15 a domenica 18 e nel frattempo è atteso anche il parere della Commissione Ue sulla manovra. Il testo è atteso in aula a Montecitorio a partire dal 20 dicembre. La manovra muove 35 miliardi di euro, con due terzi delle risorse assegnati alle misure di mitigazione del costo dell’energia. Guarda cioè alla contingenza del contesto geopolitico, con la guerra in corso in Ucraina da quasi 10 mesi e la conseguente crescita dei costi energetici unita alla corsa dell’inflazione. Per le altre misure restano risorse limitate, le polemiche tra gli schieramenti hanno riguardato soprattutto questa parte del testo. Si è dibattuto molto delle norme sul contante – innalzamento del tetto per i pagamenti da mille a cinquemila euro e obbligo di utilizzo del Pos per gli esercenti elevato a partire da 60 euro – con rilievi mossi sia da Bankitalia sia dalla Corte dei conti che da Confindustria.
Ma la premier Giorgia Meloni e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti hanno lasciato intendere a più riprese che non si tornerebbe indietro su queste misure. Specialmente ora che l’Ue ha fissato a 10 mila euro il tetto sul contante. Ha fatto discutere anche l’emendamento presentato da tre esponenti di FdI, Lega e Forza Italia che sopprime la card 18 App, la card elettronica che he destinava risorse per i neo maggiorenni per la fruizione di contenuti culturali, dai cinema alla musica passando per l’acquisto di libri e quotidiani. Al suo posto sono previste nuove iniziative. “Auspico che nasca una vera carta della cultura per i giovani”, spiega il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano a colloquio con l’Agi sottolineando le “criticità” dell’App 18. “L’emendamento è del Parlamento, ma reputo si debba fare una riflessione – osserva – è necessario ridefinirla e rinominarla, affinché questo strumento diventi realmente una modalità di consumi culturali per i giovani, orientandoli alla lettura di libri, alla visita di mostre, ai corsi di lingua e alla musica”. Secondo il ministro, va “introdotta una soglia ISEE che escluda persone appartenenti a famiglie con redditi elevati”.
Inoltre “occorre mettere a punto un vero meccanismo anti truffe, e bisogna riperimetrare gli ambiti di utilizzo a consumi davvero culturali evitando aspetti grotteschi”. Tra le opposizioni, la capogruppo Pd Simona Malpezzi replica: “Ministro Sangiuliano ci aspettiamo il suo parere contrario, siamo certi che non vorrà essere ricordato come il ministro che non ha difeso lo scippo di 230 milioni per i consumi culturali del 18enni. Il governo non è spettatore”. Mentre la presidente dei senatori M5s, Barbara Floridia, aggiuge: “Saremo a fianco del mondo del libro e della cultura in generale che chiede al governo di tornare sui suoi passi”. Nel frattempo il capogruppo di FdI alla Camera invita le opposizioni al dialogo: “Al di là degli emendamenti che risulteranno inammissibili, resta il fatto che il numero degli stessi resta molto elevato e i tempi per una compiuta e attenta disamina non ci sono”. Poi fa un appello ad esaurire l’iter dell’esame in Senato entro il 31 dicembre.
Altri rilievi al testo sono arrivati dall’analisi del documento depositata dall’Ufficio parlamentare di bilancio nella sua audizione di inizio settimana. In Commissione era stato ricordato come le quantificazioni di alcune misure “risultano piuttosto incerte”. Mentre persistono “margini di dubbio” anche sugli effetti di gettito derivanti dalle “disposizioni relative al contributo straordinario aggiuntivo per le imprese del settore energetico”. Ovvero la tassa sugli extraprofitti. Inoltre, con le nuove regole introdotte dalla manovra, stima l’Upb, il 38,5% dei nuclei che oggi ricevono il reddito di cittadinanza potrebbero perderlo da agosto 2023. Dato che il reddito è prevalentemente fruito nel Mezzogiorno, ne consegue che la maggior parte degli esclusi sarà residente in quell’area.
Settimana decisiva anche a livello europeo. La lotta all’evasione e la fatturazione elettronica sono priorità per la legge di bilancio italiana. “Stiamo lavorando sulla legge di bilancio italiana, ci esprimeremo in settimana” ha annunciato il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni. Nel frattempo, nel weekend, la Corte costituzionale tedesca ha respinto il ricorso sul MES, il Meccanismo europeo di stabilità (il cosiddetto fondo salva-Stati) dando di fatto il via libera alla ratifica. Insieme all’Italia, la Germania era l’unico Paese dell’Eurozona a non aver ancora ratificato la riforma del MES, attendendo proprio la pronuncia della Corte di Karlsruhe. I ricorrenti non hanno spiegato in modo esaustivo dove sarebbero lesi i loro diritti, secondo gli alti togati. Il Presidente della Repubblica a questo punto potrà firmare la legge. “Accolgo con favore la decisione della Corte costituzionale tedesca sul trattato del Mes. Si tratta di un passo importante che ora apre la strada alla sua ratifica da parte della Germania”, ha commentato in un tweet il presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe.
A questo punto, l’Italia rischia l’isolamento visto che adesso resta di fatto l’unico Paese ad opporsi da anni al fondo salva-Stati, prima per la contrarietà del M5S durante i governi Conte: per i pentastellati, dopo il salvataggio faticoso della Grecia, si tratterebbe di uno strumento vessatorio. Atteggiamento che ha, in passato, trovato sponda nella destra che ora è al Governo almeno, specie nel partito di Giorgia Meloni che oggi riveste la carica di Presidente del Consiglio. Intanto, la sottosegretaria all’Economia di Fratelli d’Italia, Lucia Albano, ha sostenuto di recente che “le condizioni del fondo sono eccessivamente stringenti” e ha respinto le accuse di un’opposizione ideologica. Il ministro leghista Giancarlo Giorgetti, invece, aveva rassicurato i partner europei sul fatto che l’Italia onorerà i suoi impegni e ratificherà il Mes.
Sullo sfondo, le fosche previsioni di S&P Global Ratings che abbassa, nel suo nuovo report sull’economia globale, anche le stime per l’Italia. La recessione nel 2023, sotto il peso dell’inflazione e dei rischi geopolitici, è ora attesa di 1 punto percentuale più alta, con una flessione del Pil dell’ 1,1% e un ritorno alla crescita nel 2024 ma solo dello 0,8%, peggiore di 90 punti base rispetto allo scenario base e dell’1,2% nel 2025. Per l’Eurozona l’attesa è di un calo dello 0,9% nel 2023, e di una crescita del Pil dello 0,8% nel 2024 e dell’1,4% nel 2025. L’economia globale si trova ad affrontare un doppio rischio di ribasso, da una parte “le pressioni inflazionistiche persistenti, che richiedono una risposta di politica monetaria più forte e più lunga da parte delle banche centrali” dall’altro “il trascinarsi della guerra Russia-Ucraina, che esacerba la crisi energetica in corso e l’aumento dell’avversione al rischio”.
Lo scenario negativo è disegnato in un report che considera tre variabili, crescita, inflazione e disoccupazione, per il 2023-2025. Secondo le stime S&P, questo scenario ha circa una probabilità su tre di realizzarsi. L’Europa sarebbe la più colpita: la crescita dell’Eurozona sarebbe di 90 punti base (bps) più debole rispetto allo scenario di base nel 2023. La Germania subirebbe una recessione prolungata, con una crescita inferiore di 1,2 punti percentuali nel 2023 e di 90 punti base nel 2024. L’inflazione sarebbe di 1-2 punti percentuali più alta rispetto allo scenario di base nel 2023 e diminuirebbe gradualmente, rimanendo al di sopra del target fino al 2025.