Milano – Abbiamo di fronte uno scenario economico “complesso, un po’ fosco, zavorrante”, dice la dg di Confindustria, Francesca Mariotti, presentando le previsioni economiche di autunno del centro studi di Confindustria. “Siamo alle porte dell’insediamento di un nuovo Governo che dovrà fare i conti con una vera emergenza nazionale. Questa è una emergenza nazionale, non riguarda più solo imprese e industria, riguarda tutti”, avverte: “Interventi tamponi non saranno sufficienti e neanche più tanto possibili: abbiamo una incertezza di tempi: quanto durerà? Certamente non poco. Una emorragia di risorse pubbliche non possiamo permettercela”. “Lo shock energetico abbatte le prospettive di crescita”, avverte il Centro studi di Confindustria che vede il Pil 2022 in crescita del 3,4% ma un 2023 a crescita zero: “L’Italia cade in stagnazione” e con “un’inflazione record”. Il Pil italiano “dopo una dinamica positiva nella prima metà del 2022 subisce un aggiustamento al ribasso tra fine anno e inizio 2023, poi recupera piano. La crescita 2022 (+3,4%) è già tutta acquisita ed è molto superiore a quella che si prevedeva sei mesi fa”.
Per il 2023, invece, nell’analisi degli economisti di via dell’Astronomia “c’è una forte revisione al ribasso rispetto allo scenario di aprile (-1,6 punti) che porta alla stagnazione in media d’anno”. Il centro studi diretto da Alessandro Fontana, tra i molti approfondimenti di uno scenario ampio, calcola in 110 miliardi l’aumento dei costi per le imprese legato allo shock dei prezzi dell’energia, con una incidenza che sale al 9,8% dei costi totali. Sul fronte della dinamica dell’occupazione si prevede che “dopo una battuta d’arresto in estate, diventerà negativa tra l’autunno e l’inverno” mentre “per l’anno prossimo è attesa una ripresa nel mercato del lavoro”, tornerà a crescere ma “solo nella seconda parte del 2023”. Il tasso di disoccupazione è atteso in aumento all’8,1% in media nel 2022 e all’8,7% nel 2023.
L’inflazione ora su livelli “record” nelle previsioni del CsC per il 2022 “in media, si assesterà al +7,5% (da +1,9% nel 2021)” mentre “nel 2023, è attesa in discesa, ma ancora elevata, al +4,5% in media. I costi energetici delle imprese italiane sono stimati aumentare di 110 miliardi di euro nella media del 2022, per il totale economia, rispetto ai valori pre-pandemia”. L’incidenza dei costi energetici sul totale sale da 4,6% a 9,8%, livelli insostenibili, ai quali corrisponde, nonostante un rialzo dei prezzi di vendita eterogeneo per settori, una profonda riduzione dei margini delle imprese”, avvertono gli economisti di via dell’Astronomia. Il prezzo del gas frena la crescita ma “se si riuscisse a imporre un tetto di 100 euro al prezzo, il Pil guadagnerebbe l’1,6% nel biennio”.
Per questo la Bce sta alzando la pressione sulle banche allo scopo di tenere i bonus e i dividendi 2022 sotto controllo di fronte a uno scenario macroeconomico che si sta facendo sempre più difficile. La vigilanza europea si è fatta sentire singolarmente con alcuni istituti invitandoli alla moderazione, preoccupata che la crisi energetica possa tradursi in un’ondata di default e che i rischi legati al contesto economico possano essere sottostimati. “C’è una certa riluttanza da parte delle banche a impegnarsi seriamente nelle discussioni di vigilanza” sui rischi economici, aveva detto qualche giorno fa Andrea Enria. Secondo il capo della vigilanza europea “l’invasione russa dell’Ucraina si sta trasformando in un vero e proprio shock macroeconomico” e le banche non dovrebbero “proiettare in avanti in modo miope i tassi di default eccezionalmente bassi sperimentati negli ultimi due anni”.
Ma l’anno che verrà sarà più difficile rispetto al 2022 anche riguardo le scorte energetiche. Tutti guardano all’inverno che sta arrivando ma “l’inverno più duro sarà quello del 2023/24″ se l’Italia non potenzierà le sue infrastrutture – avvisa l’ad di Eni, Claudio Descalzi -. Serve più capacità di stoccaggio, servono più rigassificatori. Non abbiamo una produzione nazionale, abbiamo 1/3 dei rigassificatori che ci servono e dobbiamo aumentare la capacità di stoccaggio” spiega Descalzi, ricordando che Eni da sola non può fare tutto da sola. Ora il prezzo del gas scende perchè “il sistema energetico si sta adattando” tra aumento degli stoccaggi, riduzione dei consumi e più efficienze. Il gas russo rappresentava la grande maggioranza dell’approvvigionamento, “ora è al 9%, il sistema lo ha sostituito prendendolo altrove, attraverso i rigassificatori: l’Algeria ha aumentato di 3 volte la fornitura, la Norvegia e gli Usa hanno aumentato anche loro, non c’è mai stato un momento in cui la domanda fosse maggiore dell’offerta.
In Italia la domanda è di 150 milioni di metri cubi al giorni e l’offerta di 200 milioni ma anche in Europa, se la domanda è di 650 milioni di metri cubi l’offerta è di 1 miliardo. I prezzi salivano quindi “per la speculazione, perché tutto ciò non si sapeva”. Sulla diminuzione dei prezzi pesa anche la diminuzione dei consumi che, ricorda Descalzi, “è stagionale: da settembre fino a inizio novembre si spengono i climatizzatori e non c’è ancora il riscaldamento”. Non ultimo sta cambiando anche il mix energetico, “si è ricominciato a usare prodotti petroliferi, il carbone” . Quanto all’iter della discussione sul price cap al gas che si sta svolgendo a Bruxelles, l’Europa “non riesce a muoversi unita, ci sono interessi divergenti – dice -. In Europa non si parla di energia da 30 anni, quando poi diventano tutti esperti in 5 minuti è difficile trovare una soluzione. L’Europa non è uno Stato – conclude -, ci sono diverse culture, diversi mix di energia, anche diverse ricchezze, quando si parla di solidarietà è una fotografia”.
E’ allarme pure fuori dall’Italia e dall’Ue. Il Regno Unito, ad esempio, rischia di dover affrontare dei blackout continui nella stagione invernale se non importerà abbastanza energia dall’Europa. È l’allarme lanciato dalla National Grid, l’operatore nazionale di rete, dopo che il governo ha interrotto la campagna di informazione pubblica per incoraggiare i cittadini a ridurre i consumi. Come riportato dal quotidiano ‘The Times”, milioni di famiglie potrebbero vedersi tagliare l’elettricità per tre ore al giorno se non ci saranno abbastanza gas da bruciare nelle centrali elettriche, costringendo il Paese ad attivare dei piani di razionamento. National Grid, che ha elaborato un programma che prevede saldi alle famiglie con contatori intelligenti più di 10 sterline al giorno per ridurre il loro consumo di energia nelle ore di punta, ha avvertito che le importazioni di gas dall’Europa potrebbero essere a rischio a causa dell’invasione russa dell’Ucraina, un fattore che potrebbe mettere a rischio la sicurezza energetica dell’intero Regno Unito.
Il Cremlino intanto getta benzina sul fuoco delle ansie e dei timori europei, avvertendo tranite il portavoce Dmitrij Peskov – che i Paesi europei dovranno affrontare unasituazione difficile dal punto di vista energetico almeno per i prossimi 10-20 anni, cioè “a partire dal” 2023 e non soltanto l’anno venturo. Gli Stati Uniti “ora guadagnano molto vendendo gas, i Paesi europei li pagano e privano le loro economie di competitività – ha spiegato Peskov -. La produzione si sta esaurendo. La deindustrializzazione sta arrivando. Tutto questo, probabilmente, avrà conseguenze molto, molto deplorevoli per il continente europeo, almeno nei prossimi 10-20 anni. Gli europei hanno continuato a ripetere come un mantra che era necessario liberarsi della dipendenza dalla Russia per le risorse energetiche, petrolio e gas”, ha sottolineato il portavoce del Cremlino, secondo cui ora gli Usa vendono il gas agli europei a un prezzo “tre, quattro volte superiore”.