Milano – La Federal Reserve (Fed) statunitense non ha intenzione di interrompere il rapido aumento dei tassi di riferimento intrapreso in risposta alla crisi inflattiva negli Stati Uniti, a dispetto dello scivolamento della prima economia Usa in uno stato di recessione tecnica e dell’effetto economico destabilizzante del dollaro forte sull’economia globale. Membri altolocati della Fed hanno riferito nel fine settimana che la banca centrale intende aumentare i tassi di riferimento oltre il 4 per cento il prossimo anno: “Penso che dovremo aumentare ulteriormente i tassi di interesse a breve termine (…) sopra il 4 per cento, e probabilmente li dovremo mantenere a quel livello il prossimo anno”, ha dichiarato la presidente e amministratrice delegata della Federal reserve di Cleveland, Loretta Master, nel corso dell’annuale simposio della Fed che si è tenuto ieri a Jackson Hole, nel Wyoming. Il livello indicato da Master implica un ulteriore aumento dei tassi di riferimento di almeno 1,5 punti percentuali.
Gli sforzi messi in atto dalla banca centrale degli Stati Uniti per frenare l’inflazione provocheranno disagi alle famiglie e alle imprese, un prezzo da pagare per evitare danni più gravi all’economia. Lo ha detto la scorsa settimana il presidente della Federal Reserve (Fed), Jerome Powell, commentando gli ultimi sviluppi del mercato. Nel suo discorso tenuto alla riunione annuale della Fed a Jackson Hole, nello Stato del Wyoming, Powell ha osservato che i provvedimenti presi dall’istituto di riferimento provocheranno un “periodo sostenuto di crescita al di sotto del trend”. “Questi sono gli sfortunati costi della riduzione dell’inflazione”, ha detto Powell, per il quale “un fallimento nel ripristinare la stabilità dei prezzi provocherebbe disagi molto più grandi”. Powell ha aggiunto che la banca centrale è determinata a domare l’inflazione, anche a rischio di una recessione. Secondo diversi analisti, è probabile che la strategia si traduca in un ulteriore aumento dei tassi di interesse, in questo caso il terzo consecutivo, aumento stimato fra gli 0,5 e gli 0,75 punti percentuali.
“Sebbene la prova di un’inflazione più bassa a luglio sia benvenuta, il miglioramento di un solo mese è molto inferiore a ciò che il Comitato (monetario della Fed) dovrà vedere prima di essere fiduciosi che l’inflazione stia scendendo”, ha aggiunto Powell. Il 25 agosto il dipartimento del Commercio ha annunciato che nel secondo trimestre il Prodotto interno lordo (Pil) degli Stati Uniti si è contratto dello 0,6 per cento su anno, una contrazione che sebbene più moderata rispetto allo 0,9 per cento stimato ha sollevato preoccupazione. I dati rivisti confermano infatti che da aprile a giugno l’economia statunitense ha seguito l’andamento in contrazione registrato già nel primo trimestre, quando il Pil è calato dell’1,6 per cento, accreditando di fatto una recessione tecnica anche se altre misure dell’attività economica – ha sostenuto Washington – suggeriscono un rallentamento del ritmo di espansione piuttosto che una vera e propria flessione.
Anche il Wall Street Journal ritiene che la banca centrale Usa si stia preparando a passare da una fase di rapidi e ampi aumenti dei tassi ad un’altra fase ancora più aggressiva, che prevede un taglio dei consumi e alti tassi di interesse per buona parte del 2023. L’effetto di tutto ciò sui mercati è inevitabilmente negativo. Il coro aggressivo delle banche centrali fa innalzare i rendimenti dei T-Bond, invertendo ulteriormente la curva dei Treasury, che segnala l’aumento dei rischi di recessione. Il tasso del due anni negli Stati Uniti è salito al 3,47%, il livello più alto dalla fine del 2007 e ben al di sopra del tasso a 10 anni, che pure è oltre il 3,1%. Anche in Europa i rendimenti obbligazionari sono in rialzo e a beneficiarne è il biglietto verde, che resta sopra la parità con l’euro e sopra quota 136 sullo yen. “Per il momento la tendenza dei mercati è decisamente volta a riflettere tensioni al ribasso piuttosto che al rialzo – commenta Vincenzo Bova, strategist di MtsCapitalservice – Tuttavia nelle prossime settimane molto dipenderà dalle pressioni sui prezzi dell’energia elettrica nell’Eurozona.
Se a partire dal 31 agosto, quando inizierà il periodo di manutenzione del Nord Stream, il rialzo dei prezzi del gas in Europa dovesse rallentare e se l’inflazione nell’Eurozona, che è il dato principe della prossima settimana, non dovesse sorprendere al rialzo, ci sta che l’andamento dei mercati possa essere mediamente positivo. Se invece i prezzi dell’energia dovessero continuare a crescere c’è il rischio che le Borse scendano ancora, non come a metà giugno, ma sicuramente come hanno fatto in questa fase tendenzialmente negativa”. Intanto le tensioni in Ucraina non accennano a diminuire. L’Ue si avvia a sospendere l’accordo sui visti con la Russia. Lo riporta il Financial Times citando alcune fonti, secondo le quali la sospensione è un tentativo di limitare il numero dei permessi di viaggio emessi dopo che alcuni membri dell’Europa orientale hanno minacciato di chiudere unilateralmente i loro confini ai turisti russi. E l’Aiea monitora le condizioni della centrale nucleare di Zaporizhzhia e conferma i bombardamenti dei giorni scorsi nell’area dell’impianto.
Questa settimana sarà caratterizzata da una serie di dati macro importanti che guideranno le decisioni di Bce e Fed nelle prossime riunioni di settembre. In Eurozona, infatti, avremo mercoledì la pubblicazione del dato preliminare dell’inflazione di agosto, atteso in lieve accelerazione. Da monitorare l’evoluzione dei prezzi del gas, alla luce della chiusura programmata da parte di Gazprom (per tre giorni) del gasdotto Nord Stream 1 a partire dal 31 agosto. Il mercato teme che la Russia possa bloccare le forniture oltre il termine previsto. Intanto ad Amsterdam la settimana scorsa i prezzi del gas sono schizzati a livello record di 342 euro al megawattora: il 530% in più in un anno, il 310% in più da inizio giugno e quasi il 50% in più in soli 7 giorni. Sempre questa settimana dagli Usa avremo venerdì la pubblicazione dei dati sul mercato del lavoro ad agosto. E martedì, uscirà l’indice Ism manifatturiero, alla luce del peggioramento evidenziato di recente dalla componente dei nuovi ordini. Sempre martedì saranno diffusi i dati sulla fiducia dei consumatori americani, attesa in lieve miglioramento. Sul fronte asiatico, l’attenzione sarà rivolta, mercoledì, ai Pmi manifatturiero e dei servizi cinesi ad agosto, dopo che l’industria era risultata in contrazione lo scorso mese.