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lunedì 11 Dicembre 2023

Energia, in Ue spunta il price cap “dinamico”: cos’è e come funziona

Roma – Italia, Polonia, Grecia e Belgio propongono un price cap “dinamico” sul gas per superare l’impasse europea sul dossier energetico. La proposta – contenuta in un “non paper”, un documento non ufficiale, visionato da Ansa, prevede innanzitutto uno scenario in cui non ci sia assenza di forniture e ci sia uno scambio di domanda e offerta di gas ma soprattutto un “corridoio dinamico” nel quale sia “possibile stabilire un valore centrale per questo corridoio e rivederlo regolarmente tenendo conto di parametri di riferimento esterni (ad esempio, i prezzi del greggi) e consentendo fluttuazioni (ad esempio del 5%) intorno al valore centrale all’interno del corridoio”, si legge nella proposta. Ansa spiega che il documento è stato fatto circolare in queste ore nelle istituzioni europee, è stato inviato alla Commissione e sarà tra le proposte oggetto di dibattito tra i Paesi membri. Nel documento si prevede che l’applicazione di questo “corridoio dinamico” al prezzo del gas abbia un “un valore centrale che rappresenterebbe un limite massimo che può essere posto a un hub di riferimento (come il Ttf) o può essere posto su più hub (Peg, Psv, Zee, per evitare l’arbitraggio), o meglio può coprire tutte le transazioni (sia in borsa che Otc)”.

Inoltre, si legge nel non paper, “sarebbero possibili fluttuazioni intorno al valore centrale per fornire segnali di prezzo per lo spostamento del gas attraverso gli Stati membri, nel caso in cui più hub raggiungano il tetto massimo”. I firmatari del “non paper” spiegano che un tetto limitato al gas impiegato per l’energia elettrica “ignora i 2/3 del mercato del gas” e crea “disincentivi alla riduzione dei prezzi” in quanto gli importatori saranno compensati per qualsiasi prezzo pagano. Si sottolinea inoltre come tale soluzione potrebbe creare “una passività senza un chiaro limite verso l’esterno”, ad esempio perché il prezzo all’importazione può continuare a salire, richiedendo più risorse per mantenere il tetto. “Dobbiamo lavorare insieme per affrontare la crisi energetica. Possiamo anche farlo in ordine sparso, ma perderemmo l’unità europea”, ha affermato il presidente del Consiglio Mario Draghi alla tavola rotonda dedicata al tema “Energia, Clima Economia”, organizzata nell’ambito della Comunità politica europea a Praga. Alla tavola rotonda hanno partecipato – insieme all’Italia – Germania, Portogallo, Irlanda, Belgio, Bulgaria, Liechtenstein, Norvegia, Ucraina e Serbia.

In sintesi: non si tratta di un vero e proprio tetto, bensì di una banda di oscillazione per i prezzi del gas all’ingrosso (non al dettaglio), da applicarsi a tutte le transazioni all’ingrosso sul gas nell’Ue, non solo su quello importato dalla Russia e non solo su quello usato per la produzione di energia elettrica. Il valore di riferimento sarebbe calcolato usando parametri esterni, come il prezzo del greggio, del carbone e/o i prezzi del gas nel Nordamerica e in Asia) e che permetterebbe “fluttuazioni”, nella misura per esempio del 5%, verso l’alto o verso il basso, rispetto al valore centrale. Valore che sarebbe rivisitato sulla base delle variazioni del paniere di riferimento. Lo scopo principale di un tetto mobile così concepito è ridurre la speculazione, scoraggiandola, “mitigare la pressione inflazionistica” (i rincari dell’energia sono alla base dell’elevata inflazione degli ultimi mesi), “gestire le aspettative” del mercato e “limitare i profitti eccessivi” che vengono oggi realizzati nel settore. La ‘ratio’ della proposta, a tratti molto tecnica ma comprensibile anche ai non specialisti nelle sue caratteristiche principali, è quella di venire incontro da un lato alle esigenze dei Paesi che non intendono, o non possono permettersi, di pagare il gas a qualsiasi prezzo, come l’Italia e molti altri, dall’altro alle preoccupazioni dei Paesi nordici, come Olanda e Germania.

Berlino e L’Aja temono che, se il prezzo del gas venisse fissato in Europa ad un livello troppo basso, le navi che trasportano il gas naturale liquefatto facciano rotta verso l’Asia. I Paesi più ricchi temono molto di più la carenza di gas che il caro gas. Con un corridoio di prezzo parametrato anche sui prezzi del gas in Asia, il rischio di vedere le navi metaniere sparire verso Oriente non ci sarebbe, perché il prezzo sui mercati europei resterebbe ‘agganciato’ a quello sui mercati asiatici. Il non paper delinea anche tre scenari per il funzionamento del ‘corridoio’: uno in cui non ci sono rischi di carenza di gas, come è stato nei mesi scorsi, uno di carenza “potenziale” di carenza e un altro di carenza effettiva. Nel secondo verrebbero consentite anche transazioni Otc (over the counter, fuori mercato) al di sopra del limite superiore del corridoio di oscillazione del prezzo, che comporterebbero l’utilizzo di strumenti derivati (i Cfd, contratti per differenza). Il corridoio sarebbe quindi anche “flessibile”, oltre che mobile, adattabile alle differenti circostanze che potrebbero verificarsi.

Mario Draghi ieri ha usato parole significative per richiamare all’ordine una Ue che non sa più decidere: “Dobbiamo lavorare insieme per affrontare la crisi energetica. Possiamo anche farlo in ordine sparso, ma perderemmo l’unità europea”. In una frase ci sono tutte le potenzialità e i limiti dell’Europa. Insieme si risolvono i problemi, come ha dimostrato la reazione alla crisi innescata dalla pandemia Covid, con la disponibilità a condividere debito e scelte strategiche rilevanti. Sono arrivati provvedimenti come Sure, che oggi viene indicato come un modello ma viene anche subito impallinato dai veti incrociati, e il Recovery Fund, che al netto delle polemiche sul Pnrr offre una prospettiva di futuro che altrimenti non ci sarebbe stata. Oggi quel clima non c’è più e, in ordine sparso, non si va lontano. L’Europa, di fatto, nelle condizioni attuali non sa più decidere. Discute all’infinito, propone, analizza e smonta un piano dopo l’altro. Draghi sa che è il momento di stringere.

Non li cita direttamente ma si rivolge a Germania e Olanda, indispensabili per dare un senso alla proposta per il tetto al prezzo del gas, dinamico ma pur sempre efficace, che oggi porta le firme poco pesanti di Italia, Polonia, Grecia e Belgio. Anche se diverse fonti di governo si affrettano a spiegare che il documento è stato condiviso dalla grande maggioranza dei 27 Paesi dell’Unione europea serve un passo in avanti deciso, e formale, che non ammetta ripensamenti. Non c’è una chiusura e le trattative a livello ministeriale possono portare, finalmente a un’intesa politica. Draghi può contare sulla sponda dell’iniziativa della presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, che in una lettera ha invitato i Capi di Stato e di governo a uscire dallo stallo. E l’appello di oggi, in una libera sintesi ‘lavoriamo insieme o perdiamo tutti’, assume un peso rilevante.

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