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domenica 10 Dicembre 2023

Chip, la Cina su Taiwan e i temi strategici di supply chain materie prime

Roma – “Vi siete mai chiesti perché la Cina vuole prendersi con ‘grande gioia’ Taiwan? Perchè lì sta la Tsmc”, la Taiwan Semiconductor Manufacturing Company, Limited che è la più grande fabbrica indipendente di semiconduttori al mondo. A sottolinearlo è stato l’informatico Alberto Sangiovanni Vincentelli, professore all’Università di Berkeley, intervenuto ieri al brainstorming “Considerazioni strategiche per la supply chain dei circuiti integrati”, uno degli eventi di punta delle celebrazioni per i 40 anni dell’Università di Roma “Tor Vergata”, che dureranno 5 giorni. Spingere infatti la produzione dei chip è un obiettivo dell’Ue e anche degli Usa dove Biden ha investito 52 miliardi di dollari per questo obiettivo, ma, ha ricordato l’informatico Sangiovanni Vincentelli, “la prima cosa da tenere presente è che il costo della produzione di semiconduttori” è molto alto, tanto che per una “factory di ultima generazione ci vogliono circa 20 miliardi di dollari”.

Sangiovanni Vincentelli ha osservato che la crescita esponenziale dei costi ha portato ad una “disaggregazione” delle industrie arrivando a “compagnie che progettano chip e compagnie che li fanno ma queste imprese sono diminuite sempre più negli anni ed adesso ci sono solo 3 industrie dominanti: la Tsmc a Taiwan, la Samsung nella Corea del Sud e la GlobalFoundries Inc”, la terza fonderia di semiconduttori indipendente più grande al mondo che ha il suo quartier generale situato a Sunnyvale, in California, ma che conta sedi anche “in Europa, a Dresda” ha sottolineato l’informatico. Insomma “meno industrie sanno fare semiconduttori più è critica la produzione. Vi siete mai chiesti perché la Cina vuole prendersi con ‘grande gioia’ Taiwan? Perchè lì sta la Tsmc” ha scandito Alberto Sangiovanni Vincentelli.

Il mercato strategico dei chip è molto vasto e comprende anche il mercato del capitale umano, “ma siamo sul punto di perdere anche questo”, di perdere capitale umano oltre alla produzione dei semiconduttori e dei microchip, ha rilevato dal canto suo Domenico Rossi, Vicepresidente Ricerca e Sviluppo St Microelectronics. Rossi ha ricordato che se “negli anni ’90 gli iscritti a ingegneria elettronica rispetto a quelli in computer science erano 50-50, oggi il 10% lavora in ingegneria elettronica mentre gli altri lavorano tutti in computer science”. “Ed è un grosso problema perché -ha argomentato- mancano persone nelle fabbriche e per presidiare aree della progettazione e tutti questi settori richiedono ingegneri elettronici” di cui si rileva ormai grande carenza.

Il brainstorming è stato inaugurato Marco Re, professore di Informatica dell’Università di Roma “Tor Vergata”. Oggi il software, ha affermato, sta superando l’hardware e c’è un problema di approvvigionamento di microchip e materie prime, un dibattito “difficile da comunicare perché tocca temi molto orizzontali” che richiedono grandissime competenze e che toccano “problemi grossissimi di situazioni geopolitiche. Ciò fa venire in mente ad esempio il neon – utilizzato nelle apparecchiature per la litografia ultravioletta spinta – che si trova in Ucraina, Paese oggi sotto attacco pesante”. Il confronto “Considerazioni strategiche per la supply chain dei circuiti integrati” ha inoltre acceso un faro sulla crescita del mercato dei semiconduttori dovuta al costante aumento dell’uso di questi componenti nei sistemi elettronici, dalle applicazioni speciali all’automotive ed alla medicina, rende fondamentale questo settore per la economia mondiale.

Tanto importante è il settore quanto fragile risulta essere la attuale supply chain per la produzione dei moderni circuiti integrati” è stato sottolineato. La supply chain, è stato inoltre discusso, “è estremamente distribuita geograficamente e ciò la rende sensibile alle instabilità politiche” e “la produzione dei circuiti integrati è basata su apparati e strumenti software prodotti da poche multinazionali ed i materiali necessari per il processo di produzione sono spesso reperibili in poche parti del mondo”. La fragilità di questo settore non dipende solo dalla delicatezza della relativa filiera logistica (supply chain) ma anche dallo ‘shortage delle menti’, ossia dalla mancanza di ingegneri che possano progettare circuiti integrati, è stato un altro passaggio del confronto.

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